…dietro le quinte!
TIRO CON L’ARCO
«Bene, ora impugna l’arco» continuò il ragazzo inglese, rivolto a Bianca, «incocca la freccia. Ora tendi la corda usando solo queste tre dita» e, così dicendo, le toccò l’indice, il medio e l’anulare. «Tendila tenendo l’avambraccio parallelo all’altezza delle spalle, e fermati quando l’indice tocca l’angolo della tua bocca.» Bianca eseguì il movimento con la strana sensazione di sapere esattamente come fare.
Lei… sentiva che era giusto così.
«Perfetto!» esclamò lui. «Ora rilassa le spalle e scocca la freccia rilasciando la corda con un colpo secco.»
Bianca fremeva per la tensione muscolare e il turbine di emozioni che provava. Le sembrava di essere nata per quello, di voler fare solo quel tiro, sentendosi tutt’una con l’arco e la freccia. Erano una cosa sola: l’estensione di un tutto.
Scagliò senza esitazione il dardo.
Quasi con il fiatone per l’agitazione, Bianca abbassò l’arco, senza distogliere gli occhi dal bersaglio.
Centro. Perfetto.
(Lotus. Le anime di Aoroa, cap. omicron, pag 106)
Grazie a Pietro Lodi e alla compagnia ‘Arcieri della Torre’ di Formigine (MO)
ATLETICA LEGGERA
Quel pomeriggio, oltre al suo solito allenamento di salto in lungo e salto triplo, Bianca provò con il resto della squadra i cambi della staffetta 4×100. Il cambio era la parte più delicata della gara, perché anche pochi secondi potevano fare la differenza.
Bianca correva in terza, cioè in curva. Le piaceva moltissimo quella posizione, le permetteva di far presa sulle scarpe chiodate, traendo forza dalla pista rossa sotto di lei, di piegarsi, di lanciare sul rettilineo finale la sua compagna di squadra Giulia, acclamata dalle urla di incitamento degli spalti.
In gara avrebbero utilizzato la zona del pre-cambio, in modo da velocizzare ancora di più il passaggio del testimone. Le gare regionali di maggio erano un appuntamento decisivo: le ragazze sapevano bene che in quell’occasione si sarebbero giocate l’accesso ai campionati italiani. Bianca era andata molto vicina alla qualificazione per il salto in lungo, poiché in più gare si era avvicinata al «minimo», la distanza, cioè, da eguagliare per essere ammessa alle gare nazionali, senza però riuscire a superare quel muro che le pareva invalicabile. Le regionali erano un’ottima opportunità per qualificarsi alle gare nazionali e non intendeva in nessun modo sprecarla.
(Lotus. Le anime di Aoroa, cap. beta, pag 14)
Grazie a Elisa Cusma (stella dell’atletica italiana) e alle sue compagne di allenamento Chiara Meschiari, Giulia Tosetti e Valentina Brogli
GIANNI FERRAGUTI
e l’atletica modenese
All’uscita da scuola Bianca dovette spingere la bicicletta fino al campo di atletica e, per non fare tardi all’allenamento, non passò da casa.
Mangiò in fretta il panino comprato nel bar di fronte alla scuola mentre il suo istruttore controllava le condizioni della ruota.
Gianni era un uomo tuttofare, che aveva all’incirca l’età di suo padre e che lei considerava davvero un secondo genitore. Senza alzare gli occhi dalla ruota emise il verdetto attraverso i baffi: «Niente di grave, posso sistemartela in poco tempo, fammi solo prendere gli attrezzi. Intanto cambiati e inizia a fare riscaldamento. Le altre sono già in pista.»
Bianca tirò un sospiro di sollievo: gli spostamenti in città senza la sua amata bicicletta sarebbero stati davvero complicati.
(Lotus. Le anime di Aoroa, cap. beta, pag. 13)
«Recupera quindici minuti, poi li riproviamo» sentenziò Ciccio, che lo allenava ormai da due anni.
(Lotus. Le anime di Aoroa, cap delta, pag 33)
Grazie a Gianni Ferraguti, a ‘Ciccio’ e alla società di atletica modenese ‘Fratellanza’
LINEARE A e LINEARE B
Lineare A e Lineare B sono i nomi che l’archeologo inglese Arthur Evans diede ai sistemi grafici in cui erano redatti i documenti che, durante la campagna del 1900 da lui stesso diretta, trovò a Creta nel palazzo di Cnosso. […]
Il supporto su cui si trova la maggior parte delle iscrizioni in Lineare A e Lineare B è la tavoletta: un pezzo di argilla modellato in modo tale da costituire una superficie su cui registrare i rendiconti dei palazzi e archiviato in modo da essere sostituito ogni anno.
Mentre la Lineare A rimane ancora oggi un enigma da risolvere, la Lineare B venne decifrata mezzo secolo dopo il ritrovamento delle prime tavolette. Ancora prima della decifrazione, un raffinato lavoro di osservazione aveva permesso di formulare alcune solide ipotesi interpretative. Osservando una tavoletta da sinistra verso destra, ovvero secondo l’orientamento abituale di un testo scritto per esempio in italiano, si possono notare, nell’ordine: una serie di segni, un segno leggermente staccato dai precedenti, e alcuni trattini orizzontali e verticali. […]
Si ipotizzò che queste ultime lineette indicassero le quantità numeriche, cosa confermata dal fatto che i trattini dell’ultima riga corrispondevano perfettamente alla somma delle voci precedenti. Alcuni dei segni tra i numerali e il gruppo di segni a sinistra rappresentavano alcuni oggetti o referenti concreti facilmente identificabili: una ruota, un carro, un componente dell’armatura, un cavallo, etc. In base alla presenza di tali logogrammi, fu quindi possibile procedere a una prima classificazione delle tavolette e avere un’idea del loro contenuto prima ancora che fosse possibile comprenderne i testi. […]
Nel 1956 si tenne il primo congresso internazionale della neonata disciplina. Da allora, esperti da tutto il mondo si riuniscono con cadenza quinquennale. L’unico dizionario di miceneo (Diccionario micénico) ad oggi esistente è stato realizzato da Francisco Aura Jorro ed è pubblicato in due volumi.
(Lotus. Le anime di Aoroa. Postfazione, a cura di R. Pierini, pag. 197ss.)
(Disegno realizzato da Marco Gelmuzzi su immagine di Corpus of Mycenaeans Incriptions from Knossos = CoMIK)
La tavoletta KN So 894, II millennio a.C., è conservata presso l’Ashmolean Museum di Oxford (UK).
Il valore fonetico dei tre sillabogrammi della riga quattro è rispettivamente e-ri-ka, che corrisponde al greco alfabetico helike ‘salice’ e indica il tipo di legno usato per fabbricare le ruote inventariate nell’ultima riga della tavoletta e che sono rappresentate nei logogrammi.
Per quanto riguarda i numerali, i trattini orizzontali indicano le decine e quelli verticali le unità, quindi il numero scritto nella terza riga è 41.
Di seguito la trascrizione
.1 a-te-re-te-a , / pe-te-re-wa ‘te-mi-dwe’ ROTA ZE [
.2 ka-ki-jo ROTA ZE 1 ka-ko-de-ta ROTA ZE [
.3 ki-da-pa , / te-mi-dwe-ta ROTA ZE 41 MO [
.4 o-da-tu-we-ta / e-ri-ka , ROTA ZE 40 [
RACHELE PIERINI
Rachele Pierini, curatrice della postfazione di ‘Lotus. Le anime di Aoroa’ è Dottore di Ricerca (PhD) in Filologia Greca e Linguistica Comparata. Ha lavorato presso le università di Bologna, Madrid (Complutense), e Cambridge. Attualemente è Research Fellow presso l’Harvard Center for Hellenic Studies. È specializzata in scritture egee dell’Età del Bronzo e si occupa soprattutto di Lineare B, Proto Indo-Europeo, e lingue di sostrato pre-greche. È autrice di numerosi articoli scientifici ed è fortemente impegnata nella valorizzazione professionale delle donne e nella divulgazione scientifica. Ha ricevuto importanti premi e riconoscimenti, da ultimo il titolo di “Ambasciatrice Culturale” e il vinto bando “Classics Everywhere” della Society for Classical Studies.
DANZE SACRE
Nel secondo volume di Lotus (Il sogno degli eroi) viene citata una danza sacra compiuta dalla Pizia e da Elefantide.
Di seguito un estratto dall’articolo di Rachele Pierini.
Fra le numerose tipologie di danza, particolarmente interessanti sono le “danze del labirinto”, espressione con cui s’intende un gruppo di danze di probabile origine ctonia e minoica, eseguite in onore di una divinità femminile, e nate per imitazione dei movimenti sinuosi e in torsione del serpente, forse direttamente coinvolto nelle più antiche esecuzioni.
Alla grande famiglia delle danze del labirinto appartiene un cospicuo numero di danze rituali: una di esse è la “danza della gru”. Oltre a coincidere nel nome con uno degli zoonimi tebani, la danza della gru è una delle più antiche attestate in Grecia ed era originariamente costituita dai gesti di torsione tipici di tutte le danze del labirinto (il labirinto è tutt’ora il simbolo di percorsi contorti, reali o metaforici). In un secondo momento, la danza della gru è stata poi relazionata con la famiglia di uccelli di cui porta il nome e ne ha assunto alcuni dei movimenti. All’origine della nomenclatura “danza della gru” e del cambiamento di gesti potrebbe esserci una paretimologia, ovvero quel fe- nomeno per cui un termine viene associato a un altro non alla luce di rigorosi criteri di mutamento linguistico ma sul- la base di assonanze fonetiche o somiglianze semantiche. Il termine greco per “gru” è geranos, la cui prima parte coin- cide con la radice Indo-Europea *ger- “girarsi, torcersi”: è forse per questa assonanza che una danza originariamente costituita da gesti di torsione sia stata poi relazionata con questa famiglia di uccelli e abbia finito per incorporarne alcune movenze. Nelle coreografie di epoca classica, infine, come sostituzione simbolica del serpente, veniva utilizzata una corda sostenuta da una nutrita schiera di ballerini.